Nei pressi del civico 7225 di via Trionfale, ad altezza d’uomo, stretta fra le saracinesche di un centro estetico, è un’epigrafe molto trascurata.

Ancora in buono stato, il che fa pensare che sia stata restaurata, essa saluta da oltre 102 anni i distratti passanti di Monte Mario ricordandogli che ventisei suoi abitanti caddero nella Prima Guerra del 1915-18.
A una prima ricognizione presso il database del Ministero della Difesa, che raccoglie gli albi d’oro di tutta Italia, si è giunti alla sicura identificazione di soli dodici militari.
L’incertezza deriva da mancanze nella banca dati, da omonimie (tre Giovanni Palombi nell’Albo d’Oro del Lazio), sottili differenze (non esiste un Pizzarulli Giuseppe, ma solo un Pizzarulli Sante) e presenze che lasciano nell’indecisione (Oroveso Dottori, a causa della particolarità del nome, potrebbe ben identificarsi col milite caduto il 18 giugno 1918 sul Piave, ma questi risulta nato di Pesaro e ivi arruolato. Ciò non toglie che alcuni, pur abitando a Roma, venissero richiamati dai distretti del luogo di nascita).
Occorre, insomma, un’investigazione più approfondita da svolgersi negli archivi ministeriali. Qui si lumeggia una prima indagine che valga assieme da omaggio e stimolo a ulteriori ricerche.
Il primo nome della lista è anche l’unico cui si possa associare un volto.

Giulio AGOLINI, romano, nato il 31 gennaio 1887, del 131° Reggimento Fanteria, fu uno dei primi italiani a cadere. Il 24 maggio 1915, infatti, con la dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria, si era entrati ufficialmente nel conflitto. Agolini moriva due mesi dopo, il 24 luglio, alla 12^ Sezione Sanità, per le ferite riportate in combattimento. Da una ricerca di Mauro Ambrosi, egli risulta sepolto presso il Sacrario Monumentale di Redipuglia, in provincia di Gorizia, assieme ad altri centomila militari. Il 12 ottobre 1915 “Il Messaggero” riportava la notizia allegando una foto e una brevissima biografia: “Partì per il fronte appena iniziate le ostilità, e fu sempre in prima linea sfidando coraggiosamente ogni pericolo. Nell’aspro combattimento del 24 luglio cadde mortalmente ferito; raccolto in condizioni disperate, spirò poche ore dopo col nome d’Italia sulle labbra. Apparteneva alla classe del 1887 ed era romano”. La data del 24 luglio indica che Giulio Agolini cadde probabilmente durante la seconda battaglia dell’Isonzo. Il fiume Isonzo, che scorre dal nord dei monti sloveni sin appunto a Gorizia, sfociando poi nell’Adriatico, fu teatro di dodici battaglie sanguinosissime che causarono la morte di circa trecentomila uomini.
Il caporalmaggiore Nicola SPIRITO (Roma, 5 aprile 1888), arruolato nel 95° Reggimento Fanteria (matricola nr. 43892), cade il 18 giugno 1816 sul Monte Zovetto, nei pressi di Cesuna di Roana, in provincia di Vicenza. Ancora oggi sul monte possono vedersi, come cicatrici, i segni delle trincee italiane che resistevano al tentativo di sfondamento austriaco (la cosiddetta “Battaglia degli Altipiani”, popolarmente ribattezzata “Strafexpedition” cioè “Spedizione Punitiva”).
Narra Luigi Barzini in Dal Trentino al Carso: “Il giorno 16 non meno di duecento cannoni austriaci avevano concentrato il loro fuoco sopra lo Zovetto, difeso da una brigata eroica. Lo Zovetto è un cucuzzolo che non ha più alcuna traccia di vegetazione, dilaniato da mostruosi crateri, ingiallito qua e là dal fumo dei picrati che ha lasciato come delle zolfature, e lo scintillìo dei bossoli intorno ai morti dice la tenacia della resistenza. Cadaveri austriaci a mucchi enormi, caduti in pose strane, stringono ancora nella destra annerita delle granate a mano. Si vedono gruppi di nostri morti che hanno tutti lo stesso gesto, caduti nella corsa verso il nemico, fulminati nell’assalto, la baionetta avanti”. Un minuscolo cimitero sul monte ospita i corpi di cinquanta soldati ignoti. In luogo della lapide è un tronco d’abete (il sacrario è, infatti, noto come “cimitero degli alberi mozzi”). Nicola Spirito riposa forse qui? Il coraggio dimostrato nelle “tempeste d’acciaio”, come Ernst Jünger chiamava il micidiale connubio tecnico tra il fuoco e il metallo della guerra, valse a Nicola la medaglia d’argento al valor militare. Eccone le motivazioni: “Durante un vivo combattimento, accortosi che l’ufficiale comandante del plotone, fatto segno ad un intenso fuoco di mitragliatrici e di fucileria avversaria, correva serio pericolo, si spingeva arditamente avanti per recargli aiuto, e, con sublime spirito di abnegazione, faceva scudo del proprio petto al superiore già ferito, rimanendo egli stesso colpito a morte”.
Abbiamo, poi, i due fratelli ZIVERI. Il maggiore, Odoardo (Roma, 16 luglio 1887), militava nel 14° Reggimento Bersaglieri; Nazzareno (Roma, 18 gennaio 1893) nel 112° Reggimento Fanteria. Fu il ventiduenne Nazzareno a cadere per primo, il 1° agosto 1915, sul Carso; poco più di tre mesi dopo lo seguirà Odoardo, ferito a morte sul Monte San Michele il 10 novembre, nei pressi di San Martino del Carso, teatro di scontri durissimi. Anche qui, a distanza d’un secolo, la zona appare segnata da trincee, gallerie e camminamenti oltre che sconvolta dai bombardamenti delle artiglierie. Il soldato-poeta Giuseppe Ungaretti compose alcune liriche durante i combattimenti della sua brigata sul Monte San Michele. La più celebre, Sono una creatura, assurse giustamente a simbolo dell’inumanità di quei carnai:
Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata.
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede.
La morte
si sconta
vivendo.
Il caporalmaggiore Salvatore VALLE (Roma, 20 settembre 1893), del 9° Reggimento Bersaglieri, trovò la morte in prigionia, alle soglie del Natale, il 7 dicembre 1918, dopo la conclusione del conflitto (11 novembre 1918).
Anche il venticinquenne romano Ferdinando SPERANZA (n. 3 agosto 1888), caporale del 2° Reggimento Granatieri, trovò la fine in prigione, il 20 novembre 1917.
Alfredo STERPI (Roma, 13 febbraio 1886), del 152° Reggimento Fanteria, si spense, invece, il 16 novembre 1915, presso la Sezione di Sanità della 25 Divisione, dopo aver riportato ferite mortali sull’Isonzo.
Enrico MAZZONI (Roma, 13 gennaio 1886), del 1° Reggimento del Genio, cade, invece, il 30 maggio 1916 a causa delle ferite riportate a Passo Buole, un valico alpino in provincia di Trento. La vittoriosa difesa di Passo Buole, a fronteggiare la “Strafexpedition”, fu strategicamente fondamentale poiché impedì agli Austriaci il dilagare lungo le pianure dell’Adige e capovolse in tale settore le sorti del conflitto. Il sacrificio italiano, non a caso, fu equiparato nella memorialistica a quello greco delle Termopili. Si legge su un’epigrafe del 1956 posta in loco: “Per questa gola che S. Valentino dall’alto protegge passarono nel maggio 1916 i difensori delle Termopili d’Italia e il 29 ottobre 1918 i plenipotenziari austriaci a chiedere la pace”.

Umberto MARINI (Roma, 4 luglio 1886), nel 201° Reggimento Fanteria, cade a maggio, come il soldato Piero di Fabrizio De André. Il 18 maggio 1916, per la precisione, sulla Cima Val Bella, nel vicentino, durante i combattimenti noti come “Battaglie dei Tre Monti”.
Il ventenne Nazzareno FOGLIA (Roma, 18 giugno 1898), soldato del 24° Reggimento Fanteria, muore il 15 luglio 1918 a Col dell’Orso, sul Massiccio Grappa.
Il giovanissimo Giovanni DIOTALLEVI (Roma, 10 novembre 1889), del 152° Reggimento Fanteria, è strappato alla vita in luogo sconosciuto, il 27 ottobre 1917.
Biagio CERIONI (Roma, 24 dicembre 1895), invece, del 70° Reggimento Fanteria, cade il 16 giugno 1916, sul Monte Giove, nella battaglia del Novegno, sulle Prealpi vicentine.
A questi Italiani, quasi tutti umili soldati, possiamo dedicare, dopo oltre un secolo, un commosso ricordo; e le parole ulteriori dell’Ungaretti:
Hanno l’impercettibile sussurro,
non fanno più rumore
del crescere dell’erba,
lieta dove non passa l’uomo.
Nella speranza che qualcuno voglia presto dare una storia e un volto a ciascuno di loro.
(g.c.)