“Tutto ciò che vediamo è nostro”: gli imperatori a Monte Mario

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La vetta di Monte Mario è legata indissolubilmente all’idea dell’impero e della regalità, nel suo aspetto sacro e temporale.
Questa sua caratteristica, mai posta adeguatamente in rilievo, dovrebbe essere sviluppata a pieno sul versante della ricerca accademica e anche, ma questo è un mio pensiero, per tentare di valorizzare nuovamente il punto più alto di Roma, oggi ridotto tristemente a discarica.
Ma come si connetteva il nostro monte all’idea dell’impero e, precisamente, del Sacro Romano Impero il cui primo reggitore fu Carlo Magno, incoronato a Roma da Papa Leone III presso San Pietro, la notte di Natale dell’800 d.C.?
Il Sacro Romano Impero era uno dei due imperi romani e cristiani nel mondo. Esso cercava di ridare unità e senso all’Impero d’Occidente, caduto nel V secolo. L’altro impero cristiano era quello d’Oriente, con capitale Costantinopoli.
Il Sacro Romano Impero era a carattere elettivo e, come detto, iniziò nell’800 d.C. L’Impero d’Oriente, invece, ancora effettivo, si basava su una successione ereditaria.
L’imperatore d’Occidente doveva essere eletto e poi confermato a Roma.
L’incoronazione seguiva un protocollo burocratico-rituale assai complesso che si arricchì nel corso dei secoli. Tale liturgia è definita da una serie di regole (“ordines“) che possiamo far risalire almeno all’XI secolo.
Il nuovo imperatore, franco-tedesco, giungeva da nord, lungo la Trionfale.
Egli sostava sul Monte Mario, quindi scendeva verso la città dove prestava un doppio giuramento: il primo “ante ponticellum” cioè poco prima del ponte che solcava il fosso della Sposata che scorreva dalla Valle dell’Inferno, sotto la Pineta Sacchetti. Il ponte doveva probabilmente trovarsi all’incrocio fra le attuali via Candia e via Leone IV. Il secondo giuramento veniva prestato poco prima del portico della basilica. L’incoronazione in San Pietro era l’incoronazione finale, la terza della serie. Ferro, argento e oro: una progressione simbolica. Prima, infatti, vi era stata l’incoronazione tramite corona di ferro, in Aquisgrana, da parte del vescovo di Colonia; quindi il pretendente era nuovamente coronato, in argento, nella chiesa di Monza, dov’erano sepolti i re longobardi, da parte del vescovo di Milano; la terza e ultima corona, in oro, era posta sul capo del futuro monarca dal pontefice in Roma, nella basilica costantiniana San Pietro, presso l’altare di San Maurizio (“in basilica sancti Petri ante altare sancti Mauricii”).
San Maurizio, infatti, fu il patrono del Sacro Romano Impero. Generale (primicerio) d’una legione romana reclutata a Tebe, in Egitto, venne spostato nelle Gallie per frenare le irruzioni dei Marcomanni. Quando l’imperatore Massimiano, però, diede ordine di perseguitare alcuni villaggi convertiti al Cristianesimo, egli, quale cristiano, si rifiutò di farlo, seguito dai suoi 6.000 uomini. Massimiano procedette, quindi, alla continua decimazione della legione (cioè a giustiziare un soldato su dieci) sino al massacro finale che avvenne a Agaunum, attuale comune svizzero di Saint-Maurice. In realtà non sappiamo come si chiamasse il nostro generale: Mauritius è, infatti, patronimico di Maurus; probabile ch’egli, perché nato o vissuto in Egitto, fosse di origine maura (della Mauritania: a partire dal XIII secolo San Maurizio è, infatti, anche rappresentato come di pelle scura: maurus).
L’imperatore, una volta consacrato, doveva poi rispettare una precisa liturgia nell’uscire dall’Urbe. Questa è descritta da un Tractatus de coronatione imperatoris risalente alla metà XIV secolo:

Dopo aver ricevuto l’incoronazione … lo stesso imperatore non deve restare che una notte, e poi ritirarsi il giorno successivo alla sua incoronazione, allontanarsi dalla città e salire su un monte che è detto e chiamato Monte di Mario (‘Mons Marii’), vicino alla chiesa di San Pietro, due miglia fuori delle mura: questo è davvero il monte più alto di tutti gli altri, sia della città che dei luoghi a essa vicini; e quando è sulla vetta del Monte di Mario, egli si volge e dice: ‘Tutto ciò che vediamo è nostro e sotto il nostro comando’ (‘Omnia qui vidimus nostra sunt et ad mandata nostra perveniunt’)”.
Qui abbiamo una scena grandiosa: l’imperatore, nei suoi pieni poteri, che sale la Trionfale sino al punto più alto del centro della Cristianità, e, volgendosi a Roma, dichiara la forza del suo mandato a tutto il mondo.
Non solo: abbiamo qui, sullo sfondo, la figura storica centrale del rapporto eccezionalmente complesso fra potere temporale e spirituale: l’imperatore Costantino.
Il primo imperatore cristiano, tratto d’unione fra mondo classico e nuova religione di Stato; il realizzatore della basilica nel Vaticano in cui verrano unti gli imperatori del Sacro Impero; l’uomo che ha dato il nome alla capitale dell’Impero d’Oriente, Costantinopoli; è forse un caso che, proprio a Monte Mario, troveranno posto due chiese dedicate alla Santa Croce cioè al Signum che sarebbe apparso in sogno a Costantino (“In hoc signo vinces”) prima della decisiva battaglia di Ponte Milvio contro Massenzio? Due chiesette: una scomparsa (era, forse, presso Villa Madama) e l’altra di cui rimane l’oratorio (presso i casali Mellini).
Non è forse questo un ottimo spunto culturale per ridare vita allo Zodiaco ovvero al punto più alto della città, al Mons Marii?
Se ne può parlare in separata sede.
Lascio con un’ultima suggestione: nel manoscritto di cui sopra Monte Mario (Mons Marii) è in realtà Mons Mauri: un banale errore del copista o un’allusione a San Maurizio?

(g.c.)

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