Lo sciopero a rovescio /1 – Cos’è uno sciopero a rovescio?

De Santis - La strada lunga un anno
Uno sciopero a rovescio nel film di G. De Santis, La strada lunga un anno (1958)

Lo sciopero a rovescio fu una delle forme di lotta più originali ideate da lavoratori e disoccupati delle borgate e delle campagne nei primi anni del Dopoguerra (1947-1951).
Ma cos’è uno sciopero a rovescio?
Occorre molta cautela.
Ecco come lo definisce Vittorio Foa nell’introduzione al libro di Giuseppe Cantarano, Alla riversa:

Lo sciopero a rovescio era esattamente il rovescio dello sciopero. Si ha sciopero quando i lavoratori, per protestare o per rivendicare, si riappropriano della forza di lavoro, del tempo di lavoro che sono tenuti a prestare; si ha sciopero a rovescio quando i lavoratori, ancora per protestare o per rivendicare, prestano il lavoro senza esservi impegnati, senza esserne retribuiti“.

Tale definizione, da parte di un padre nobile della sinistra, coglie uno dei punti essenziali, ma è ancora manchevole.
Ecco, a esempio, la definizione di sciopero a rovescio da parte, stavolta, di una madre nobile del movimento operaio, Marisa Rodano, contenuta nel suo Memoria di una che c’era:

In quegli anni [1948-1952] si diffuse lo sciopero a rovescio, una forma di lotta, nata in ambiente contadino, poi propagata nei centri urbani, che consisteva nel cominciare a costruire un’opera per poi chiedere il pagamento del lavoro effettuato, o meglio ottenere che l’opera venisse finanziata o appaltata“.

Entrambi, tuttavia, Foa e Rodano, stupirebbero di fronte alla concettualizzazione di “sciopero alla rovescio” rilasciata da Aldo Venturelli (uno che gli scioperi li ha fatti spicconando di persona) in una breve dichiarazione del 10 giugno 2002: potete trovarla, fra le altre sue, nel bel libro di Emiliana Camarda, Pietralata: da campagna a isola di periferia.
Seguite con attenzione le sue parole. Io le trovate di un candore meraviglioso. Uno sbotto da vero Panurge di borgata: a riprova che la creatività e la spontaneità del popolo, una volta, debordava irridente da ogni classificazione accademica:

Quando noi c’avevamo qualcosa che non ce andava bene, tipo le strade che qua [a Pietralata] erano piene de buche e non ci si poteva neanche camminare, facevamo lo sciopero alla rovescio. Bene, a quei tempi per Roma si facevano e poi lo sai perché si chiamava a rovescio? Perché si lavorava. Noi della borgata prendevamo le pale e i picconi, andavamo per strada e allargavamo ancora di più le buche che già c’erano, così il Comune poi doveva veni’ per forza a ripara’ la strada“.

A questo punto, dopo il Giamburrasca Venturelli, ecco il tentativo di Grazia Pagnotta, dal suo Roma industriale. Tra dopoguerra e miracolo economico:

Si trattava di lavori di pubblica utilità (sistemazione delle strade, creazione di fognature, riadattamento degli impianti idrici …) svolti senza accordi preliminari, ma reclamando comunque un pagamento, una volta ultimati … Lo sciopero [a Primavalle, nel maggio 1950], che vide l’impegno di tutta la borgata, compresi i cittadini che non esprimevano un’appartenenza di sinistra, durò venti giorni e ottenne la continuazione dei lavori con manodopera del luogo e un piano dettagliato dell’impiego di quello stanziamento“.

e di Leo Canullo, da Diario di un militante:

[dopo il 1946] si inventano gli scioperi a rovescio. Si va su un terreno, si picchetta, si comincia a sterrare con pale e picconi, decidendo che in quel posto deve sorgere una scuola o una casa o un asilo. E si comincia a bombardare con delegazioni e manifestazioni la Prefettura., il Ministero dei lavori Pubblici, Il Comune per far stanziare i fondi necessari e per farsi pagare le giornate di lavoro“.

A questo punto si può tentare una sintesi, assolutamente provvisoria :

1. Lo sciopero a rovescio è a rovescio poiché si lavora
2. Si lavora per compiere opere di pubblica utilità che le istituzioni inadempienti (Stato, Comune) o negligenti o neghittose ancora non compiono. Con lo sciopero a rovescio, quindi, il lavoratore protesta mimando polemicamente il comportamento d’una istituzione efficiente, responsabile e attenta alle rivendicazioni sociali del territorio
3. Lo sciopero a rovescio serve a esercitare pressione politica verso le dette istituzioni (con qualche grado di provocazione) e, perciò, a sollecitare prepotentemente stanziamenti a favore di opere urgenti o strettamente necessarie e a riconoscere un salario a disoccupati e inoccupati.
4. Il lavoro è svolto a favore della comunità bisognosa (assegnazioni di terreni, case popolari, fogne, strade) e può essere più o meno retribuito (verosimilmente: se a svolgerlo sono dei disoccupati esigeranno un salario per il lavoro svolto, altrimenti sarà gratuito) o ingenerare nuovi rapporti giuridici fra lo scioperante e l’istituzione (assunzioni, finanziamenti, assegnazioni di terreni, regolarizzazioni di situazioni di fatto …)
5. Lo sciopero a rovescio nasce nell’alveo delle lotte comuniste e socialiste (e svolge un fondamentale ruolo di propaganda), ma è in grado di compattare e coinvolgere strati sociali estranei alla sinistra.

Primavalle fu uno degli epicentri di tale forma di lotta.
Forse (forse …) il primo sciopero a rovescio (nel 1947) si svolse proprio nella nostra borgata.
Di questo riparleremo.

Bibliografia sugli scioperi a rovescio

(g.c.)

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